28 settembre 2010

Un punto infinitesimo nella folla..



E' perfettamente vero.
Non riesco a trovare il modo di farlo mio.
Non c'è modo di dimostrare che non sono come 'tutti quelli
che non vogliono essere come tutti gli altri'.
Io sono 'gli altri'. Io sono 'i fan'.
Io sono 'loro' o 'il pubblico' o 'la gente',
e questo non cambierà mai.

Non eccello nel fare di lui un disegno esemplare, non eccello nel ricalcarne la voce, le espressioni, i vestiti, il trucco, i modi di fare. Non ho l'intera discografia, anche se i miei sei album sono qualcosa di così prezioso.
Non ho una pagina per lui, e non sarebbe la migliore. Non ne ho un forum, una storia da raccontare, non sono stata a tutti i suoi concerti, non conosco a memoria la sua biografia, la storia, nemmeno i testi, che sarebbe stato il minimo, eppure no.
Addirittura, ho il terrore di scaricare tutte le canzoni che canta,
perchè quando saranno finite le sfumature della sua voce,
non potrò più rifugiarmi in suoni che non hanno partecipato ancora
del mio dolore.

L'ho sognato. So già che avrei il terrore di scoprire
che di fronte a lui
non avrei parole.


Quante persone incontra, nella sua vita, un cantante famoso? Quante ragazze e ragazzi gli parlano del loro amore? Quanti lo colpiscono? A quanti parlerà? Troppi. Troppe.

Sono un punto infinitesimo della folla,
due mani che saltano e che lui non vedrà mai.
Di cui non potrà ricordarsi.
Nemmeno lo spero.
Ho il terrore di pensarlo.

E per quanto riesca a cullarmi con la sua voce agrodolce,
non lo lascio entrare nelle mie speranze, nei miei sogni, nelle mie illusioni.
La disperazione dell'anonimato è un coltello
che non ha nulla di silenzioso.
Non si spegne nelle grida della folla
ma vi affoga,  soffocando
fino a perdere la sua coscienza.

Solo nella consapevolezza della non-esistenza
mi si spegne la sofferenza
di questo impotente
tendere
ad un fantasma
per cui io
non sono
nulla.

24 settembre 2010

Se perdo, non ritento e cambio strada (?)

Quando incontro qualcosa di terribile
che mi fa tremare
e rimpiangere
di aver preso quella strada,
mi fa credere
di non essere in grado
di correggere i miei errori.
Ecco, è così che mi hanno detto:
non ritento, non ripercorro
quella strada.
Scappo, ne prendo un'altra più nuova,
cercando il sentiero perfetto
che, senza difetti,
mi dimostri l'esistenza
di una speranza migliore.


E' così che le strade finiscono, e mi sono trovata ferma di fronte a strade conosciute, ognuna tristemente cosparsa dei miei errori e di quelli degli altri. E' così che ho il terrore di ritentare,
di dimostrare a me stessa che se le cose non vanno nel verso giusto
posso guidarle io nella giusta direzione.

20 settembre 2010

Il Divino esiste solo nei Sogni


A pochi passi dal suo viso, annoiato dalle presenze mortali e sempre uguali della folla che lo lascia solo, tra le stelle, lui, che splende di una luce opaca ed abbastanza forte per schiarire così tanti contorni.

Di fronte ai suoi occhi chiari, di un inspiegabile ghiaccio che non si scioglie col calore delle sue parole, del suo canto, di una voce che risuona terribilmente chiara, terribilmente lontana da qualunque cosa effettivamente esistente.

Lui parlava con il grembo che da' la vita, che sapeva parlare, e vedeva nel suo viso una maschera qualunque, di un poeta che come tanti altri semplicemente piange, riuscendo a sorridere senza il timore di un collasso.

E l'altra fonte taceva, incantata, disperata perchè le parole restavano chiuse in gola.
Apriva le labbra, l'altra fonte, e lo chiamava con un silenzio simile alle grida, e lui ne vedeva la sofferenza,
senza apparentemente darsene cura, come un angelo troppo in alto per preoccuparsi dei vivi
e della loro stoltezza.

Poi, quando ormai un buco nero aveva invaso l'anima dell'altra fonte, che, sola, non riusciva a fare quell'ultimo passo che la separava dal sogno di troppi giorni,
quando ormai comprendeva che anche di fronte alla felicità l'essere umano e gettato in faccia al terrore, che lo inibisce e lo costringe a vedere l'illusione svanire,
lui e le sue mani perfette si sono avvicinati al suo viso, prendendone le guance arrossate, con un sorriso calmo, che comprendeva quel dolore.

L'uomo vuole troppo, ed il troppo chiedere, un bacio, allontana l'angelo caritatevole.
Eppure nessuno dei due si allontana con rancore.
L'angelo ha fatto del bene,
e l'uomo sopravvive,
vedendo che dove lo fermano le sue paure,
la carità del divino a volte
sa spingerlo verso l'illusione
del sogno.

19 settembre 2010

A che serve punire il nostro passato?

Oh, io lo so.
Anche lei sta sprofondando,
sta cadendo in basso,
sempre più giù,
in quell'abisso di orgoglio
e vergogna,
in quell'abisso di
dolore e
paura.

Sta cadendo giù, e non vuole rialzarsi,
non prova ad aggrapparsi a nulla,
non prova in generale a ricordarsi com'era
la vita prima della felicità e prima
della tragedia,
la grottesca,
terribile,
tragedia
che
ci
ha
colpite.

Il mio dolore è un dolore autoprovocato, che ha voluto cessarne un altro, ed ora si mostra le tragedie degli altri e cercando di dimostrare a se stesso che le cose possono essere diverse. Eppure riesce a punirsi, comprende che la sofferenza, anche quella degli altri, non se ne va mai via.
Il suo dolore è la punizione per quello che mi ha inflitto, ed io ho dovuto cessare. Ci siamo scambiate le sofferenze, ed al contrario della mia soluzione di aiutare gli altri ed entrare nel loro mondo per fuggire dal mio, lei si è chiusa completamente ad esso, punendosi per aver fatto di tutto per rimanere da sola, e dunque rimanendo effettivamente da sola. Gli altri non esistono più, perchè lei non li merita, e loro non meritano lei.

15 settembre 2010

Le mie dolci catene verso il cielo

"perchè tutti quanti soffrono?
secondo te perchè nessuna delle persone che conosco è felice?

perchè la felicità è un lusso per pochi , e poi nessuno ti dirà mai SONO FELICE , specie quando sa che stai giù . E' comodo essere tristi e farsi compatire

è quello che dico anche io -mentre vado in cerca di qualcuno che ascolti il solito dolore-
Se non sei triste la gente non ti da ascolto, se sei felice ti invidiano, ti ignorano, scaricano su di te il loro dolore, smontano i tuoi motivi di felicità, non sopportano di starti vicino o ti soffocano perchè vogliono assorbirla..
non ci avevo mai pensato come ora"



Qualcuno che non ricordo, disse che il vero amico non è chi ti sta vicino nel dolore. Ma chi ti è accanto quando sei felice.

A me non resta altro che una Musa lontana ed impalpabile, l'unica, immobile nella mia tenebra. Lei ispira la mia calma, mi promette che esiste un posto di silenzio, dove le nostre anime vivono insieme. (N.)

E mi resta la sua voce,
quella meravigliosa, malinconica sfumatura, quando canta dei venti o cinque anni che ci restano da vivere. Quelle labbra piegate in una 'i' misteriosa e interessante, senza angoli, e che, tuttavia, avvolge il sentimento delle sue parole. Esaltandolo.

Riesce a commuovermi ed elevare l'anima quanto basta per non farla cadere giù.


Tu mi incateni i polsi alla vita. E' una catena ed un dolore affascinante.

14 settembre 2010

Cento - Più che un'amica

Ho l'impressione che lo spazio non basti mai.
100 interventi. Cento.
Auguri, blog.

Lei era lì, accanto a me. E chiedeva disperatamente amore. Sentivo il suo grido silenzioso, in quei sussurri 'abbracciami', diceva solo. Ma lo sapevo, che dietro c'era molto di più che una semplice esortazione. C'era la richiesta d'aiuto che non riesce a fare, c'era la profonda tristezza, l'angoscia in cui è precipitata, la mancanza di certezze in cui io l'ho fatta cadere, di cui io e solo io sono responsabile. Non vuole parlarne con nessuno. Si vergogna di tutto questo, perchè non riesce ad affrontarlo come avrebbe creduto di riuscire a fare. Si vergogna, perchè ha capito troppo tardi cosa aveva perso, mostrando quanto tutti quegli insegnamenti fossero solo parole. E improvvisamente il cielo si è fatto nero, improvvisamente ogni cosa ha perso significato, nulla e nessuno riesce a sentire la sua sofferenza, la sua mancanza di appigli, la solitudine profonda che ieri sera cercava di ricomporre.
La sentivo, che raccoglieva i pezzi di cuore, e me li porgeva chiedendo a me, colei che lo aveva infranto, l'unica a conoscerne l'ordine, di darle una mano a ricucirli insieme.

Ma le mie mani non sono più capaci di tessere o incollare. Ed i miei abbracci sono quelli di una sorella, quelli di una 'più che amica', questo termine inspiegabile e tanto discusso. Tanto odiato. Tanto colmo di dubbi. La lingua italiana è una tragedia almeno quanto la vita. Poche parole, troppo poche, per definire i sentimenti.

E così, un po' brutalmente, ho dovuto respingere la sua anima. Le ho dovuto sussurrare con tutta la calma che ho acquisito, che non era giusto. Che le avrebbe fatto male sapere che quei pezzi li avrei ricuciti con la pazienza di una madre, e non dell'Amore. Ieri sera le avrei aperto in due il mio petto e le avrei mostrato il mio, di cuore. Le avrei detto..

'guarda. Questo è quello che hai fatto. Questo è il poco che è sopravvissuto. Non importa se davanti a noi ci sarebbe stato dell'altro futuro. Ho scelto di star bene, di prendere un'altra strada. Quel dolore era diventato un vicolo cieco. Ma ti ho già perdonata. Ti ho perdonata, e adesso sei tu che devi perdonare te stessa. E me, per non essere più capace di proteggerti. Ti amo, anche se non come vorresti tu. Ti amo similmente a come amo la mia migliore amica, e non è qualcosa di meno. E' solo qualcosa di differente. Sono qui e ti stringo tra le mie braccia, il cuore lo proteggo e non gli permetto di addossarsi anche le tue ferite, non troppo, almeno, però sono qui al tuo fianco. E le mie carezze, anche se non sono quelle che ti aspetti, hanno lo stesso valore. Non sono la ex. La fidanzata. L'amica. La sorella. La sconosciuta. Sono Claudia, e sono qui per te, Luana, che non sei nulla per me perchè sei semplicemente ogni cosa'

E tutto questo era lì, nei miei pensieri offuscati dal sonno. In qualche modo si celava tra la lingua e le labbra, ed avrei voluto trasmetterlo con il tocco della mia mano sulla sua schiena, quando mi volgeva le spalle, ferita nell'orgoglio, quando ha visto che il suo inginocchiarsi ed elemosinare amore è stato rifiutato. Orgoglio. Lo sapevo, me lo ha detto lei stessa, che ci avrebbe rovinate.

Ma non le è arrivato nulla, di quelle parole. Ed ho provato a pronunciarle, visto che i gesti sembravano così vuoti. 'Che stai facendo' o 'che vuoi', non ricordo già. Il muro sempre più pesante, e la mia testa che diceva che era normale. La mia testa che spiegava per filo e per segno al mio cuore, più forte di prima, il perchè di quel muro, il perchè di quell'aggressione. Gli spiegava cosa fare, come farlo, cosa non dire, cosa aspettarsi. Aveva ragione, e tuttavia non sono riuscita ad evitare tutti i suoi colpi taglienti, di quelle parole così crudeli.
Faccio fatica a ripeterle, le sto già cancellando, riponendo in uno di quei cassetti che forse non vorrò mai più riaprire, e già ora mi affatica spolverarne gli angoli. Che stronza. Mi ha detto. E domani cosa dirai, a G., già mi ti vedo che andrai da lei a raccontarle 'oh, lo sai che la L. ci ha provato?' con quella voce da ragazzina così lontana da quello che sono stata ma altrettanto lontana da quello che sono ora. Ha detto che sono stata una falsa ed ipocrita, e non ho potuto darle torto, sebbene abbia sempre fatto del mio meglio per essere sincera. A mio favore, ma non glie l'ho detto per rispetto al suo diritto di sfogare la rabbia su qualcuno che non fosse se stessa, c'è che nonappena me ne sono accorta le ho detto la verità. E che ogni cosa fatta o detta era in buona fede. Che la pazienza che ho usato, e che non avevo, l'ho trovata in me solo per lei, per stare bene con lei, per assorbire ogni colpo ed ogni colpo verso il suo cuore. Ma ieri l'ho lasciata inveire, l'ho lasciata sputarmi il suo veleno in faccia, finchè improvvisamente è diventato tutto insostenibile.

Volevo essere lì con lei ed aiutarla, e più cercavo di farlo, più ogni cosa diventava altro veleno. E faceva sempre più male, mi soffocava sempre di più, e logorata dalle parole, dalle spiegazioni, dalle offese -perchè la parola 'stronza' mi ha sempre bruciato molto, e sono sempre riuscita a guadagnarmela in qualche modo, nonostante le troppe buone intenzioni- non ce l'ho più fatta. E' stato allora che ho desiderato di essere altrove. Ho desiderato che tutto questo finisse. Che ho capito definitivamente che tra le due sofferenze preferivo la mia 'nuova vita' come lei l'ha definita, che quel lancinante dolore di entrambe, che non saprei più guarire. [Never thought I need so many people..cantavo. La sua voce -Brian- mi avvolge, mi vince, mi cancella. Dio mio.]

Ma vederla piangere questa mattina, mentre andavo via. Mi ha fatto desiderare di restare lì, finchè ogni lacrima non si fosse sciolta, non se ne fosse andata via per sempre. Non posso fingere che il suo dolore mi resti indifferente. Non posso fingere che quelle lacrime, una per una, non siano una ferita al cuore, ancora, di nuovo. E non posso fare altro che restare a guardare, perchè gli abbracci finiscono e il Tempo vince un'altra volta.
Vorrei così tanto lenire le tue ferite.




Basta, sono stanca. Cento interventi sono molti.
Il prossimo quando avrò lei idee meno esauste.

10 settembre 2010

Lettera chiusa.

Forza. Siamo chiari. Voglio essere chiara, una volta tanto. Vi riempio la testa di stronzate. Vi riempio la testa di frasi fatte, e magari sono anche convinta che possano servire a farvi sentire meglio, quando invece, si, come dice Glò, certe cose diventano solo rumore. Riempire il cuore degli altri con le nostre esperienze sperando che possa servire a qualcosa è una stronzata. Un'inutile stronzata. Riempire il mio di speranza, di progetti, di convinzioni, è una stronzata, perchè quando rimango la fuori da sola, senza la più pallida idea di dove andare, nella mia città, per tornare a casa, e giro per due ore in cerca di un modo per tornare, ho bisogno di mia madre  e della polizia(!) per essere di nuovo qui a lamentarmi. E' una stronzata l'indipendenza. Non sarò mai indipendete, sono abbastanza incapace da non trovare una cazzo di strada, di sera, e da piangere per due ore dopo che il parrucchiere mi ha rovinato i prossimi sei mesi. E sono anche abbastanza idiota da pensare che si possano rovinare sei mesi con un banale taglio di capelli sbagliato. Sto ancora provando ad ascoltarvi e ancora a leggervi e ancora a restare in silenzio quando richiesto e spuntare quando immagino che venga desiderato, sto ancora cercando di andare dietro alla mia falsa maschera di altruismo che solo Gaia sa perfettamente che non mi appartiene. Dio santo, sono ancora convinta di essere quella brava persona che cerca di restare accanto agli altri, che non si offende se gli altri si dimenticano di lei, sto ancora fingendo di essere quella persona che non ha voglia di parlare di sè, come invece è, come è per tutti quanti quelli che conosco. E' una corsa, un rincorrersi continuo verso chi si guadagna un posto in più ed un minuto in più per parlare si se stessi. Ma vi rendete conto di quello che sto dicendo? Questo blog cominciava ad avere un senso quando è diventato privato per un periodo, o quando nessuno sapeva della sua esistenza ed allora eravamo solo io e lui. Non giocavamo a chi fa più pena a chi, non giocavamo a chi è più depresso di chi. Solo io e questi maledettissimi pensieri, peraltro tutti tristi, quasi tutti sfoghi di momenti in cui ero costretta a tacere. E ora è diventato l'urlo, per dire "eccomi, guardate come sono sofferente". Guardate, vi prego, aiutatemi. Ascoltatemi'. Credo di essere la persona pessima che la gente non immagina. Come quando Luana aveva elencato i miei pregi, quello che mi colpì di più era la pazienza, una delle doti essenziali che io non ho MAI avuto, e chi mi conosce lo sa bene. Sveva lo sa. Gaia lo sa. La pazienza. Mi viene da ridere, ora, ma allora capii che avevo sbagliato tutto. E ora non starò facendo gli stessi errori? Anche a scrivere tutto questo, non starò sbagliando ancora? Sapendo perfettamente che almeno due persone importanti della mia vita, se non di più, leggeranno parola per parola, soffocate magari da altri pensieri, e capiranno che tutto sommato è vero, si sta meglio da soli. Perchè non ci si può fidare di nessuno, perchè ognuno, come dice anche Mery, va alla ricerca di attenzioni, facendo la carità attraverso ogni cosa. Non cerco il perdono, qui, nè l'accusa. Nè si tratta di scuse nè di accuse a nessuno. Parlo di me, sia chiaro. E non voglio una risposta. Non mi importa. Questa volta non voglio che se ne parli, perchè dev'essere un intervento sincero.

Ecco perchè parlo di grottesca tragedia. Dobbiamo ostentare la nostra solitudine, per avvicinare più gente possibile. Ma il paradosso non è solo questo. E' che quando siamo circondati di persone, ci accorgiamo di essere inevitabilmente più soli di quanto non lo eravamo prima. Lo siamo sempre. Lo siamo ora. Io. Te. Lei. Nessuno merita nessun altro. Nessuno meriterebbe nulla, secondo la persona pessimista che sta battendo su questi tasti. Persona che non è Claudia. Persona che si è messa la maschera della falsa sincerità e vuole mostrare la cattiveria che c'è dietro quel corpo che batte sulla tastiera. Nessuno meriterebbe nulla, perchè ognuno di noi di fatto è egoista, senza rendersene conto. O ha paura. O sbaglia, pecca, o comunque vogliate chiamarlo. Resta solo accettare che sia così.
Voglio accettare di essere questa persona tristemente dilaniata dai dubbi, che cambia di continuo. Lo accetto. Voglio accettare di essere crudele, mediocre, affatto modesta, egoista, cinica, enfatica e qualunque altra cosa. Ammettere che a volte le mie parole sono guidate da 'questo è quello che vorrebbe sentirsi dire'. Perchè in effetti è così. Non è fatto con cattive intenzioni, il più delle volte, ma non va oltre l'apparenza di ciò che 'la gente' vorrebbe, e questo mi fa onore? No.
Voglio accettare questi capelli, anche se so che non ce la farò mai. Che li odierò fino al giorno in cui potrò di nuovo dire..fanno schifo ma almeno stanno crescendo. E che farò di nuovo l'errore di tagliarli corti, perchè su, insomma, adoro i capelli corti. Mi fanno sembrare ancor più la persona sicura di me che non sono.

Rimetto la mia maschera. E' sincera quanto l'altra, ma è un'altra maschera. Una persona diversa.
Vi leggo perchè ho piacere a vedere cosa c'è nella gente. Ammetto che si, è anche un pò perchè contrasta con il mio dolore o lo accompagna. Quello di fondo, quello di cui ho parlato alla maggior parte di voi, quello che non se ne va nemmeno quando sorrido. Non è passato, ma io sto bene. Mi piace farvi sapere che sono qui quando avete bisogno, ed è davvero così, anche se forse non sono la persona che desiderate. Ma mi piace pensare che in qualunque momento se vorrete sarò lì a raccogliervi. Non vi nascono che mi fa sentire meno sola, forse più importante. C'è un tocco di vanità in più, in ognuno di questi gesti, più di quello che forse avete creduto.
Ma preferisco essere sincera, in questa menzogna.
Quanto ai capelli. Li odio. Li odio. Li odio.

8 settembre 2010

"Non so che dirti"

"Ci sono ancora persone che riescono a sorprendermi"
Avrebbe potuto essere il titolo giusto,
eppure ho preferito lasciare che fosse la voce degli altri
a dare il nome a questa riflessione.

Non più una lamentela. Non oggi. Una riflessione, appunto.

Non si tratta più di un avere un'aspettativa troppo elevata.
Mi sono arresa, il mondo non sarà mai migliore di quanto lo vedono i miei occhi.
Non si tratta nemmeno della debolezza e del dolore che le persone portano nel cuore,
nè della loro incapacità, nell'incoerenza, nella loro profonda,
sofferta, delineata forma di esseri umani.


Ogni constatazione chiama il suo contrario.
Ogni piacere chiama la noia o il dolore forte.


Quando ti ho detto che avrei voluto congelare quell'istante, sapevo che sarei finita qui a scrivere, battendo tasti per coprire i pensieri, mentre dovrei accettarli, ed ascoltarli con calore. Ti ho detto che avrei voluto congelare quel momento, perchè ero felice. Con te avrei potuto tutto, in quell'istante. Tu ed io, da sole.
Ed ora che leggo queste parole, probabilmente mi rendo conto di quanto spesso
avrei potuto pronunciarle.
Solo tu ed io, dove 'tu' ed 'io' sono ogni cosa, e nessuno al mondo.

Qualcos'altro su cui dovrò riflettere, è su come la mia testa si difenda disperatamente da ogni attacco e da ogni mancata carezza.
Abbandono, prima di essere abbandonata.
Penso, prima che siano gli altri a farlo.
Giudico, prima che lo faccia qualcun'altro.
Resto in silenzio, prima che lo vogliano gli altri.
Parlo, prima che qualcuno possa prendere parola.

Il più delle volte, la maschera che indosso
è quella di chi attacca per non essere attaccato.
Di chi piange, per non dover asciugare altre lacrime.
La maschera della paura, della difesa,
della codardia.

Ascolto, per incatenare chi si sentirà costretto ad ascoltarmi.
Leggo, oserei dire, ed in questa mente malsana,
spero che sia la corda che trascinerà qui
un'altra anima.


E come va a finire? Ecco la risposta. L'inizio. Qui sopra.
Chi non sa, non riesce a fingere per sempre.
Come me.

5 settembre 2010

Non sono più io a decidere

La vita forse si costruisce giorno per giorno, istante per istante, pensiero per pensiero, ed ogni singola idea, ogni singola persona, ogni singolo passo contruibuiscono a creare il sentiero che si scioglie davanti ai nostri occhi.
Ogni giorno dovremmo lavorare per vivere ogni passo, senza aspettarci di raggiungere una meta, e spero di non avere troppa fiducia nella vita se desidero di riuscirci, prima o poi.

Eppure domani, ci saranno due lunghe ore in cui si deciderà quale sarà la direzione che dovrò prendere. Non riesco a credere che possano esistere dei momenti così intensi, così concretamente importanti. Sto cercando di non perdere il buon umore, non ho ansia, tuttavia avverto una sensazione spiacevole, è solo un velo, ma che sta cominciando a coprire ogni cosa, forse nell'attesa del domani. Ho paura.

Svegliarmi presto.
Prendere l'autobus.
Aspettare.
Aspettare ancora.
Confermare, ed entrare.
Segnare. Scrivere. Decidere.
E poi aspettare.
Di nuovo tutto questo.
Ed infine capire se diventerò

un'artista senza futuro, che vivrà in teoria dell'arte degli altri,
o una disoccupata di cui le persone temono il giudizio.

1 settembre 2010

Un argomento di cui non parlare.

Probabilmente perchè a nessuno piace parlare o immaginare la propria morte. E così la parola Eredità alletta gli eredi e spaventa i padri. E così sono io a passare per una terribile calcolatrice, quando penso a come potrò sostentarmi dal momento in cui scoprirò che nel mondo ci sono troppi psicologi, e non c'è bisogno di me. Passo per una figlia cinica e viziata, che non ama i genitori -il che potrebbe anche essere interpretato diversamente- e che vuole investire i loro soldi in qualcosa che non hanno deciso loro.
O forse è perchè gli sfugge la mia vita dalle mani, e vedono che prendo in mano cose a cui un tempo non avrei nemmeno voluto pensare. Probabilmente vostra figlia non merita i vostri soldi. E chi l'avrebbe detto che avrei pensato ad una cosa del genere, un giorno.
Loro cercano di spaventarmi. Avrebbero voluto che facessi ciò che decidevano per me. E non lo ammetteranno mai.